Coronavirus: migliaia di aerei parcheggiati nel deserto, ecco dove sono in letargo
Non è un caso, se il 2020 è stato ribattezzato “l’anno zero delle compagnie aeree”. Il Coronavirus ha colpito duro […]
Non è un caso, se il 2020 è stato ribattezzato “l’anno zero delle compagnie aeree”. Il Coronavirus ha colpito duro ogni vettore, senza risparmiare nessuno: centinaia e centinaia di aerei che, anziché solcare i cieli, giacciono come fossero in letargo. Pronti a riempirsi di nuovo, desiderosi di farlo. Sospesi in un limbo pieno di domande, d’ipotesi e di congetture.
In questo articolo:
In un primo momento, le compagnie aeree hanno ridotto i voli tagliando i collegamenti con i Paesi più colpiti. Successivamente, quando il virus è diventato pandemia e il mondo è precipitato in un destabilizzante lockdown, hanno lasciato a terra (quasi) tutti i loro aerei. Esuberi e ammortizzatori sociali hanno ridisegnato la vita di migliaia e migliaia di hostess, di stewart, di chi lavora in aeroporto e vive di turismo. Nei mesi più duri, il 90% dei voli è stato cancellato. Il Boeing 747 ha vissuto un prepensionamento. E, anche oggi che il turismo è parzialmente ripartito, l’incertezza è tanta. Tantissima. Anche perché, come la Cnn ha scritto: “Il sistema non è pensato per accogliere un così alto numero di aerei in un posto che non sia il cielo”.
Aerei fermi per il Covid: la situazione negli aeroporti
Dove sono stati parcheggiati gli aerei in questo mondo in stand-by? La risposta più scontata, in aeroporto, non è la più giusta. O meglio, non lo è sempre. Gli aerei sono troppi per poter restare tutti, a tempo indeterminato, in aeroporto. Senza contare come questa sia una soluzione dispendiosa, per via dei costi applicati dai maggiori hub. Anche perché un aereo non è certo una macchina, che la si parcheggia in garage e ce ne si dimentica fino a quando si torna a doverla usare: un aeromobile deve essere mantenuto “in forma”, affinché sia ugualmente affidabile e performante. I fluidi vanno drenati, il motori e gli scarichi vanno protetti, la strumentazione esterna difesa, gli pneumatici e i finestrini devono essere coperti. E la loro sicurezza va tutelata. Ad occuparsi di tutte queste operazioni di manutenzione sono spesso società esterne, che preferiscono lavorare contemporaneamente sullo stesso modello di aeromobile.
Così, ecco le compagnie più ricche (se trovano spazio) lasciano i loro aerei negli aeroporti principali. Altre si accontentano di scali “secondari” e isolati (da cui sarà più difficile ripartire, un giorno), o in quegli aeroporti che hanno adattato a parcheggio le piste di decollo e di atterraggio (come l’Aeroporto di Copenaghen). E tutte gli altri aerei? Sono finiti in luoghi alternativi, surreali. Nei “cimiteri per gli aerei”, come vengono chiamati. Anche se, in quei parcheggi, non vanno per restarci.
Dall’Arizona all’Australia, i parcheggi per aerei
Tra i più frequentati parcheggi per aerei, in Arizona, c’è il Pinal County Airpark.
Lo si trova poco lontano dalle Catalina Foothills, e non è sempre stato un parcheggio: negli anni Quaranta, qui, venivano addestrati i piloti militari. A seconda delle dimensioni dell’aereo e degli extra desiderati, la compagnia paga una certa quota: si può scegliere il solo parcheggio oppure richiedere vari interventi di manutenzione affinché – un domani – l’aereo possa essere rimesso in volo in un tempo minimo. A fare del Pinal County Airpark il luogo ideale per il parcheggio di un velivolo è però soprattutto il clima arido, che aiuta a ritardare la corrosione. E poi la posizione strategica, vicina a molti aeroporti notevolmente frequentati.
Sempre restando in America, ma questa volta in New Mexico, il Roswell International Air Center sta pianificando di ampliare il suo terreno per ospitare fino a 800 aeromobili. Il costo del parcheggio? Dai 7 ai 14 dollari al giorno, a seconda di quanto pesa il velivolo.
In Australia, ad Alice Springs, l’Asia Pacific Aircraft Storage (APAS) esiste ormai da un decennio. Ed è scelto soprattutto dalle compagnie asiatiche, che non possono certo lasciare i loro aerei a lungo sotto l’elevata umidità del continente. Qui i vettori possono acquistare “pacchetti” di 3-6 mesi, o anche più lunghi. Per preservare i loro aerei, in attesa di tornare operativi.
E in Europa? La destinazione preferita è Teruel, 35.000 abitanti nel cuore dell’Aragona. Una città che, seppure Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, difficilmente i turisti visitano. È qui che la Tarmac Aerosave possiede un parcheggio per aerei, con un efficiente servizio di manutenzione e – tra i clienti – nomi di prim’ordine quali Lufthansa, Air France e British Airways. La stessa compagnia gestisce anche il parcheggio interno all’Aeroporto di Tarbes-Lourdes-Pirenei, nel sud della Francia.
E chi pensa che siano nel deserto certi luoghi si sbaglia di grosso, recentemente British Airways ha mandato in pensione la sua flotta residua di 747 nelle highlands scozzesi, presso l’aeroporto di St Athan.
Ma c’è anche chi ha scelto il campo di aviazione militare di Dübendorf (Swiss Air), oppure la Giordania (ad Amman sono parcheggiati molti Airbus). Soluzioni strategiche, ma che contengono in sé sfumature di malinconia. I giganti dei cieli sono progettati, per l’appunto, per stare nei cieli. E quegli immensi parcheggi, un po’ cimiteri un po’ musei, raccolgono ricordi. Nella speranza che, presto, torneranno ad essere casa solo per pochi, pochissimi velivoli.