Lotta ad Airbnb, la votazione di Barcellona che cambierà il mercato
Il mercato degli affitti è stato stravolto dalla grande diffusione di Airbnb e altri sistemi di fitto a breve termine. […]
Il mercato degli affitti è stato stravolto dalla grande diffusione di Airbnb e altri sistemi di fitto a breve termine. Barcellona non è la prima grande città a sollevare il problema, ma è di certo in cima alla lista in Europa per quanto riguarda la messa in pratica di un’azione concreta. Se è vero che occorre garantire il diritto dei proprietari di scegliere liberamente le modalità d’affitto più remunerative, non è al tempo stesso possibile veder morire un intero settore immobiliare.
In questo articolo:
Le possibilità d’affitto a lungo termine sono sempre più scarse, soprattutto a costi abbordabili. Airbnb ha generato un effetto domino, comportando un aumento generale dei prezzi ma soprattutto la sparizione di annunci dedicati a chi intenda vivere a Barcellona, per sempre o per lunghi periodi. Il tutto a beneficio di turisti e nomadi digitali.
Si attende il voto sulla proposta atta a limitare lo strapotere di Airbnb (e altre piattaforme del genere). Tutto ciò potrebbe cambiare le regole del gioco nell’intera Spagna e tante altre grandi città nel mondo.
La proposta di Barcellona
L’idea del sindaco di Barcellona, Ada Colau, è di impedire l’affitto di una singola camera della propria casa primaria, nella quale si vive regolarmente, per brevi periodi. L’unico modo possibile per concedere ai turisti accesso alla propria dimora sarà con una prenotazione di almeno 30 giorni.
Tale piano d’azione è stato già attuato ad agosto 2020, al fine di contenere in qualche modo la diffusione ulteriore del Covid-19. Si mira ora a rendere il tutto permanente. Le votazioni sono attese per aprile 2021.
Le restrizioni sui tempi minimi d’affitto, fino a questo punto, riguardavano unicamente le concessioni di interi appartamenti, o abitazioni di altro genere. Nessun limite era stato imposto a chi intendeva affittare una singola camera. Si è però ritenuto che lasciare questa porta socchiusa potesse dare la possibilità a molti di frodare il sistema. Non serviva far altro che indicare un’abitazione come primaria e in realtà trasferirsi altrove durante il periodo di soggiorno dei turisti paganti.
Obbligare i privati a concedere affitti minimi di 30 giorni andrà ad abbattere un intero mercato cittadino, portando necessariamente lo stato immobiliare a quello di alcuni anni fa. Una votazione che potrebbe colpire duramente chi intende aggiungere una quota ai propri guadagni mensili affittando di tanto in tanto una camera non utilizzata. Un po’ come avere un coinquilino saltuario. Chi opera onestamente in questo modo, condividendo di fatto l’abitazione con degli estranei, si ritroverà a dover rinunciare a tale pratica legittima per il solo rischio che altri possano aggirare le regole.
C’è però chi mette in dubbio tale operazione, che andrebbe a concretizzarsi proprio dopo un anno disastroso dal punto di vista del turismo. Non è da escludere, infatti, che molti possano decidere di guardare altrove, piuttosto che a Barcellona, tenendo conto di eventuali costi elevati in albergo e l’impossibilità di restare sul posto per un intero mese.
Airbnb, cosa accade nelle altre metropoli
Barcellona non è l’unica città ad aver dichiarato guerra ad Airbnb e simili. Los Angeles ha votato per limitare considerevolmente le possibilità di hosting. È consentito unicamente mettere in affitto le residenze primarie, totalmente o parzialmente. Si intende dunque un’abitazione presso la quale il proprietario trascorre almeno 6 mesi all’anno. Ogni host è inoltre chiamato a pagare una somma per la licenza. Per quanto riguarda le case vacanze, ovvero le proprietà aggiuntive da mettere in affitto, ciò è consentito solo con prenotazione minima di 30 giorni.
Tokyo, per fare l’esempio di un’altra metropoli particolarmente turistica, richiede il pagamento di una tariffa. È inoltre imposto un numero massimo di notti all’anno nelle quale è possibile affittare un’abitazione o una singola camera: 180.