La mia prima volta su un Airbus A380
Avete presente il campagnolo che va per la prima volta in città? Ecco, uguale. Preciso. Immaginatevi Renato Pozzetto che si […]
Avete presente il campagnolo che va per la prima volta in città? Ecco, uguale. Preciso. Immaginatevi Renato Pozzetto che si aggira incredulo tra i palazzi. Oppure la faccia di Bud Spencer / Banana Joe la prima volta che scopre che le donne di città “portano le calze”. Oppure Guybrush Threepwood che, come davanti alla testa di scimmia in Monkey Island, esclama “E’ il secondo aereo più grande che abbia mai visto!”. Il mio primissimo contatto con un Airbus A380 è stato un po’ così.
In questo articolo:
Ciao, mi chiamo Andrea e sono “ospite” su queste pagine: in questi mesi, leggendo The Flight Club, mi sono appassionato a questo mondo e così, alla prima occasione utile (un viaggio di lavoro), ho contattato la redazione per “offrire” la recensione di un volo in economy su un Airbus A380 della Emirates, in partenza da Milano Malpensa e diretto a Dubai. Trovate la review in un altro articolo, ma qui voglio raccontarvi qualcosa di diverso: le sensazioni di un viaggiatore qualunque – l’esatto opposto del tipico “frequent flyer” che di solito scrive su TFC – di fronte a un palazzo che vola, al secondo aereo più grande del mondo dopo l’Antonov. Insomma, la mia prima volta su un Airbus A380.
La reazione di un bambino
Un amico mi aveva avvertito: “La fusoliera del più grande aereo su cui sei mai stato è grande come uno dei 4 motori di quel bestione”. Per me, che avevo volato al massimo in piccoli aerei di linea low cost dalla Liguria alla Sicilia o a Parigi, la vista di quella specie di jumbo con il logo di Emirates – a due piani! – è stata qualcosa di sensazionale.
Prima di vederlo dal vivo, però, l’ho cercato in foto, la sera prima, per farlo vedere a mio figlio. “Papà domani vola qui sopra”. All’inizio non realizza: riconosce il logo di Emirates come sponsor del Milan – è un fanatico del Fantacalcio, quindi vede centinaia di partite e conosce a memoria ogni maglietta – ma quell’aereo, tutto sommato, non sembra diverso dagli altri. Poi gli faccio notare i finestrini. Due file, e sembrano minuscoli. Gli metto accanto una foto di un qualsiasi A320 Easyjet, e allora comprende. “Ma è rottissimo!!!!”. Il suo modo di dire che una cosa è fantastica.
Il primo contatto
Dalle dimensioni dei finestrini puoi “dedurre” le dimensioni, vero, ma la sensazione che può suscitare una foto è comunque “indiziaria”. Vederlo dal vivo è totalmente un’altra cosa. Ne sbircio la coda dalle vetrate della lounge Montale, nella quale sono entrato non grazie al volo (sono in Economy) bensì con il Priority Pass collegato alla mia carta American Express Oro. Approfitto del buffet free, mi accomodo in poltrona (ah, le lounge… devo ancora abituarmi – ho la Amex da poco – ma certo è tutto un altro viaggiare) e mentre sorseggio un succo fisso l’aereo.
E’ enorme. E nel mio caso la cosa è ancora più evidente grazie all’inevitabile paragone tra l’Airbus A380 e un A320 di Wizzair che si trova lì affianco. Ma volerà? Mi viene in mente la battuta del coleottero: “è troppo grosso per volare, ma lui non lo sa e vola lo stesso”. Lo rivedo nel corridoio che porta ai gate. Mi guardo intorno, e noto che non sono il solo a fissarlo. Tenete conto che per le persone comuni già è raro prendere un aereo, figuriamoci uno di queste dimensioni. Ad alcuni – come me – non è mai capitato, ad altri non capiterà mai più.
Cerco un modo per osservarlo intero, ma purtroppo essendo accostato al gate è impossibile. Una piccola delusione: io già mi ero immaginato la classica scena in cui la navetta ti porta fin sotto l’aereo, tu scendi e ne ammiri la maestosità. Vabbè, mi rifarò dentro, penso.
Dentro è “quasi” un aereo normale, ma più tech
E invece anche dentro la meraviglia rimane strozzata in gola. Mi guardo intorno: certo, ci sono tre file di poltrone anziché le due a cui mi ha abituato il “solito” Boeing 737 di Ryanair, ma per il resto non sembra affatto così grande. La parte razionale di me sa il perché: l’aereo ha due piani, quindi dovrei “raddoppiare” tutto. Però chiaramente a bordo non lo percepisci. Il mio amico mi aveva detto “il mio primo volo su un A380 me lo ricordo ancora adesso”. Ma lui era in Business. Chissà, magari lì o in First è diverso e il divario si avverte di più.
Mi accomodo al mio posto… e a dirmi che non è comunque un volo “normale” è la dotazione di bordo: lo schienale della poltrona davanti a me alloggia un infotainment evoluto, un piccolo concentrato di tecnologia da cui è possibile non solo vedere film (quello me lo aspetto persino io) ma fare davvero molte cose. Passo qualche minuto a giocarci, per un geek come me il sistema ICE (si chiama così: Information, Communications, Entertainment) è un richiamo troppo forte. E non mi delude: più di 1400 film (anche in italiano!), una sezione dedicata allo shopping, la musica da sentire in cuffia.
Attraverso lo schermo touch o una specie di telecomando che sembra un gamepad (e lo è, in effetti, visto che ci sono anche i videogiochi) è possibile selezionare di tutto: una mappa tridimensionale del volo, dati su altitudine/temperatura/ecc, addirittura le telecamere. Sì, perché l’A380 ne ha tre: una in coda, una sul muso e una sotto. Così puoi in qualsiasi momento scegliere di vedere ciò che vede il pilota, oppure l’aereo sulla pista, oppure cosa stai sorvolando. Wow. Se è così nella mia “povera” Economy, chissà come saranno la Business e la First Class.
E’ proprio come quelli dei film
Man mano che il volo prosegue ho tempo di guardarmi intorno e scattare foto (in fondo sono qui per scrivere una recensione “seria”: la trovate qui). Più volte ho la sensazione di essere già stato a bordo. Non è vero, ovviamente, ma so da cosa dipende: da Hollywood. Quella zona mi ricorda tanto “Air Force One”. E la hostess, laggiù, è nello stesso posto in cui stava Halle Berry in “Decisione Critica”. Vabbè, in entrambi i casi erano dei Boeing 747, ma si somigliano davvero. Insomma, è come se mi avessero fatto entrare in uno di quei blockbuster. In fondo non è la stessa sensazione che si prova quando si va in un luogo che è stato set di un film?
A proposito di film, mi viene voglia di “collaudare” la videoteca del sistema ICE. E’ davvero vastissima, organizzata in varie sezioni: alcune racchiudono i film girati in una determinata lingua (ce n’è una solo con film italiani), altre trattano uno specifico genere, una è composta solo di Classici Disney, tre sono dedicate rispettivamente ai fan di Harry Potter, Marvel e Star Wars. Alla fine scelgo quella con “le ultime uscite” e seleziono Wonder Woman: mi porto dietro la voglia di vederlo da quando l’ho scoperto al Cinema 4D di Gardaland. Apro le cuffie: non sono i soliti auricolarini da 2 euro che ti danno nei contesti “usa e getta”, ma delle on-ear. Non saranno delle Beats, ma non suonano male.
Pranzo alle 15.45? Ah, già, è il fuso
Sto ammirando quanto è bella Gal Gadot nel film quando vedo, a qualche fila di distanza, le hostess. Propongono il pranzo. Pranzo?? Alle 15.45?!? Avevo letto “dinner” sul menu a cui si accede via Wi-Fi, quindi me lo aspettavo molto più tardi, visto che si partiva alle 14.25. Poi realizzo: è il pranzo (in ritardo) per chi è “settato” sul fuso orario italiano… per l’altra metà dei passeggeri sono quasi le 19. Insomma, sì, è una cena alle 15.45.
All’inizio penso di rifiutarla: ho già mangiato a Malpensa, nella lounge. (Gratis… viva American Express Oro e il suo Priority Pass!). Ma quasi tutti intorno a me prendono i vassoi senza problemi; gli unici che rifiutano sono proprio alcuni italiani. E poi, rifletto, devo per forza mangiare: devo recensire anche il pasto, ovviamente. Come è andata potete leggerlo qui su TFC, nella recensione.
Ora di scendere
Dopo 6 ore e spiccioli, passati in compagnia del film e di un libro, arrivo a destinazione. Intorno a me è notte, e il grosso bestione dell’aria è illuminato dai lampioni. Lo guardo ancora un attimo. Sì, alla fine è stato un buon viaggio.
So già che ci risalirò per tornare indietro, tra pochi giorni. Il mio lavoro di solito mi tiene a casa, e viaggio ben di rado. Ma a viaggi così… beh, potrei anche abituarmi.