Ryanair e la “conquista” dell’Italia. Intervista al country manager Mauro Bolla
Dal capitale minimo di 1 sterlina fino al maxi ordine da 300 Boeing, passando per il primo atterraggio a Treviso […]
Dal capitale minimo di 1 sterlina fino al maxi ordine da 300 Boeing, passando per il primo atterraggio a Treviso alle 730 rotte dall’Italia offerte nel corso di quest’anno. La storia di Ryanair è un esempio di una compagnia aerea relativamente giovane (39 anni di attività) che ha stravolto il mercato dell’aviation, soprattutto nel nostro Paese, superando indenne crisi economiche internazionali, tensioni geopolitiche e pandemie.
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E lo ha fatto sempre all’insegna della standardizzazione di un modello e della crescita nei mercati dove altri vettori retrocedevano o non avevano interesse a coprire. Due eventi degli anni ’90 poi sono stati i gamechanger assoluti: l’arrivo di Michael O’Leary a capo dell’azienda e la de-regulation dei voli in Europa.
L’esempio principale di questo cambiamento epocale è stata proprio l’Italia: quest’anno infatti Ryanair celebra i 25 anni di attività dal primo volo: un collegamento Londra-Treviso che avrebbe tracciato il sentiero per la crescita record della compagnia aerea che ora è il primo operatore nel Paese sia per voli domestici sia internazionali.
Come Ryanair si è presa l’Italia
«Non siamo un’azienda Made in Italy, ma posso affermare che siamo made for Italy – sostiene il country manager, Mauro Bolla – Negli anni abbiamo risposto a una domanda inespressa nel territorio offrendo connettività sia internazionale sia domestica che si è staccata dalla “bandiera sulla coda”. Abbiamo creduto nel territorio e lo abbiamo ascoltato».
Qual è la caratteristica di questa conquista italiana?
«A tutti piace volare point-to-point, senza scalo, dall’aeroporto più accessibile e vicino. Il mercato è stato ricettivo e noi abbiamo offerto connessioni, semplicità, tariffe accessibili e puntualità a territori che avevano un potenziale inespresso ed erano connessi poco e male dal modello hub and spoke. Il risultato è stato che in 25 anni abbiamo trasportato oltre 460 milioni di passeggeri dall’Italia e ora sfioriamo il 40% di market share per il 2023».
Cosa dobbiamo aspettarci, quindi, da quest’anno?
«Nel 2019 Ryanair faceva 41 milioni di pax in Italia, nel 2023 ne prevediamo 56 milioni con 98 aeromobili basati in Italia– 6 in più rispetto alla summer ’22 che già era un record – 17 basi operative, e sono 730 rotte dall’Italia (oltre 70 nuove) e oltre 7.200 voli settimanali per l’Italia»
Sembra che la pandemia non abbia inciso sui vostri piani. Perché?«
«Durante il Covid non abbiamo licenziato personale né abbiamo mandato in pensione aeromobili. Appena ci sono state le riaperture eravamo pronti a ripartire. E siamo rimasti fedeli al nostro modello: connessioni internazionali, processo standardizzato, connessioni nord-sud in Italia. La verità è che nessuno realmente vuole fare scalo: per il passeggero il modello hub&spoke è una perdita di tempo e di denaro».
Con questa mole di passeggeri avete mai pensato a un programma loyalty?
«Il nostro modello è basato su semplicità e standardizzazione dei processi con una struttura riproducibile nei vari Paesi e facile da implementare. Un programma frequenze flyer ad oggi non è né una priorità né un focus, ma non si può escludere del tutto. Segnalo, però, che pr Ryanari che tutto quello che aggiunge un costo in struttura poi può ricadere sulla tariffa e noi non vogliamo che questo accada. Ryanair fidelizza il cliente con la sua policy tariffaria, con le suo ottime on-time performance e il suo network point-to-point».
La storia di Ryanair dal 1984 ad oggi
Facciamo un salto temporale a quando tutto ebbe inizio. Nel 1984…
«Tony Ryan fonda la compagnia aerea con un capitale di 1 sterlina e inizia a volare con macchine piccole – l’Embraer 110 da 15 posti per servire la prima rotta, Dublino- London Gatwick. Era un servizio per i business man con 2 voli al giorno, la mattina e la sera. Nel 1986 lanciamo la Dublino-Londra Luton con gli Avro748, velivoli da 46 posti. Il primo jet in flotta è datato 1987 con l’arrivo dei Bac 1-11 da 79 posti e si aprono i voli su Liverpool, Glasgow e Cardiff».
La vera svolta però arriva negli anni ’90. Cosa accade?
«L’arrivo di Michael O’Leary segna un cambio di passo totale: è lui che prende spunto dal modello Southwest negli Usa e progetta il primo embrione della futura Ryanair: attenzione al monoflotta, si massimizzano i servizi ancillary come il catering, si amplia il network e vengono introdotte le tariffe a basso costo, inizialmente tra Londra e Dublino».
Quando arrivano i primi Boeing 737?
«Nel 1993 la compagnia raggiunge il milione di passeggeri l’anno dopo vengono consegnati primi B737-200, i classici. Ma l’altro grande momento di svolta è quando nel 1996 l’Eruopa apre alla de-regulation nel trasporto aereo. Ryanair si apre a tutto il mercato Ue e inizia a volare a Stoccolma, Oslo e Parigi Beauvais. Nel 1998 è l’anno dell’Italia con il primo volo assoluto tra Londra e Treviso, che celebreremo proprio la settimana prossima (25 e 26 maggio, ndr) in veneto. Successivamente iniziamo a collegare anche Pisa e Rimini».
Quanti passeggeri ha trasportato Ryanair nel primo anno italiano?
«Non arrivava nemmeno a 200mila passeggeri. Sempre in quell’anno però iniziamo ad operare con i primi B737-800 da 189 posti – il nostro marchio di fabbrica e macchina storica che ha contributo al nostro successo – full density, all economy, un aeromobile efficiente che consuma poco e si sposa perfettamente con il nostro modello point-to-point».
Da quel momento inizia l’inarrestabile ascesa….
«Nel 1999 sbarchiamo a Genova, Ancona e Tornio. Tutti aeroporti definiti regional ma con un grande appeal turistico e “sete” di connessioni domestiche. Erano aeroporti dimenticati. Ma già nel 2000 raggiungiamo 1 milione di pax da/per l’Italia. Poi nel 2003 arriva la prima base: Bergamo Orio al Serio. Ai tempi era un piccolo aeroporto poco “battuto”. Ora è tra le più grandi a livello europeo con 24 aeromobili basati, 107 rotte e 5 hangar manutentori. Nel 2006 nascono le altre basi a Roma Ciampino e Pisa».
Tutto il resto è storia. E numerosi aeroporti e territori, in Italia, ne hanno beneficiato…
C’è stato negli anni un focus importante sul sud Italia, soprattutto Puglia, Sicilia e Sardegna hanno avuto riscontri altissimi in termini di accessibilità e hanno registrato veri e propri exploit turistici e anche lato business. Quando hai accessibilità e contenuto sei invogliato a visitare la destinazione questo vale per i cittadini pugliesi che hanno scoperto le connessioni dirette con le mete internazionali, ma è valso anche per gli stranieri che hanno scoperto nuove mete in Italia. Alghero, per esempio, ha avuto un riscontro incredibile nei mercati provenienti dalla Polonia e dall’Ungheria».
I progetti per il futuro
Gli investimenti in flotta fatti negli ultimi mesi saranno un ulteriore passaggio epocale?
«Assolutamente. Abbiamo già fatto un’ordine di 210 Boeing 737-8200 e un ordine di 300 velivoli 737 Max10. Queste ultime sono macchine più capienti, con 228 posti, che prevedono la riduzione delle emissioni di C02 del 20% e del rumore del 50%. Servono a crescere, ancora di più: dai 178 milioni di passeggeri nel 2023 vogliamo raggiungere i 300 milioni nel 2034 con una flotta che passerà dagli attuali 537 aerei fino a 800».
Con i 737Max-10 cambierà qualcosa nel modello operativo e nel network?
«Il modello resta sempre lo stesso, funziona. Aggiungiamo un 21% di posti in più sul singolo aeromobile che significa rispondere dal punto di vista commerciale alla domanda prevista per tutta l’Europa con più capacità. Questo avrà un impatto sul loadfactor e sui costi. Come dice O’Leary, “il nostro core business è riempire la macchina” quindi non faremo mai una politica di pricing alta, perchè per il mercato offriamo ulteriore capacità e più opportunità».
Quindi maggiore crescita anche in Italia. Dove?
«Oltre alle nostre basi più grandi – Bergamo, Bologna, Pisa, Roma Fiumicino – credo che ci sarà un ulteriore scatto al Sud, dove abbiamo molte basi ma più piccole, con massimo 10 aeromobili. Vedo opportunità di crescita importanti a Bari, Cagliari, Napoli e in Sicilia».
Roma Fiumicino è sempre più strategica?
«La base a Fco nasce 10 anni fa, nel 2013 e ora siamo la seconda compagnia aerea più grande, dietro al vettore di bandiera (Ita Airways, ndr). La crescita per la summer 23 rispetto al 22 è del 40% in più di capacità. Il market share su Fiumicino è aumentato di 9 punti percentuali rispetto al pre Covid e nell’anno fiscale 2023 arriverà al 17%. Direi che la crescita è già molto sostenuta che questi sono numeri importanti».
Oltre alla crescita e al rinnovamento della flotta, quali sono le altre priorità?
«Vogliamo essere ancora più vicini e capire meglio i territori dove operiamo,, puntando sulla narrativa più locale e accessibile. Il nostro obiettivo è avere una crescita globale, ma anche raccontare meglio al territorio quello che si è fatto – e che spesso non si conosce – e ascoltare le sue istanze per capire come e dove crescere insieme. Lo stiamo facendo in Italia, in Spagna e nella zona del centro-est Europa».
Le previsioni su caos aeroporti e scioperi
Quest’anno si riproporrà il caos aeroporti come nel 2022?
«Non credo sarà questo il problema. I grandi hub del Nord Europa lo scorso anno hanno sofferto la carenza di personale, molto meglio si sono comportati gli scali italiani. Ma credo che questa estate non avremmo questo tipo di problema. Sono preoccupati, invece, per i continui scioperi dei controllori del traffico aereo, soprattutto in Francia».
Troppi scioperi, secondo Ryanair?
«Nessuno di noi è contro il diritto di sciopero, ma resta il fatto che 52 giorni di mobilitazione nel primo trimestre in Francia sono tanti. Il vero problema – che è il tema della nostra petizione – è l’utilizzo del servizio minimo diverso rispetto all’Italia e ad altri Paesi. In Francia, in caso di sciopero dei controllori il servizio minimo è garantito solo per i voli domestici e non anche per i sorvoli. Questo crea un grande problema a tutte le compagnie aeree e disagi a milioni di viaggiatori. Con la nostra petizione chiediamo che questo servizio minimo sia esteso anche ai sorvoli. Poi vorremo vedere finalmente l’adozione del Single European Sky: abbiamo una moneta unica in Europa, ma non un “cielo unico”. Ad oggi, un disservizio o uno sciopero in un Paese crea una reazione a catena su tutto il trasporto aereo continentale».