La mia odissea da Milano alle Hawaii, l’Apollo 11 ci ha messo meno a raggiungere la luna
Il primo volo Lufthansa in ritardo, nessuna possibilità di riprotezione e due voli cancellati da United e inizio di vacanza rovinato
L’Apollo 11 ci ha messo tre giorni (esattamente 73 ore) per raggiungere il Mare della Tranquillità da Cape Canaveral.
In questo articolo:
Io e la mia famiglia ce ne abbiamo messi altrettanti, di giorni, per raggiungere le Hawaii da Milano. Un viaggio che, di norma, dura un giorno e mezzo (con uno scalo a New York o sulla costa occidentale degli Stati Uniti).
Primo volo in ritardo, coincidenza persa
L’odissea è iniziata all’aeroporto di Milano Malpensa in una bella mattina di fine luglio. Arrivati al Terminal 1 abbiamo appreso con orrore che il nostro volo Lufthansa per Francoforte aveva due ore di ritardo e che, di conseguenza, avremmo sicuramente perso la coincidenza per Los Angeles (LH450), prevista 80 minuti dopo l’orario di arrivo schedulato del volo da Milano (LH249).
Al banco accettazione abbiamo fatto notare che il pomeriggio del giorno successivo avremmo dovuto imbarcarci su un volo American Airlines da LA a Maui, e che dunque sarebbe stato cruciale, per noi, poter raggiungere la città californiana entro la sera del giorno di partenza.
Purtroppo stavamo viaggiando con due prenotazioni separate. Dall’Italia a Los Angeles con un biglietto emesso da Lufthansa, e poi un secondo PNR per il volo AA verso le Hawaii. In questo caso le compagnie coinvolte nel tragitto non sono responsabili dei problemi e il passeggero viaggia a suo “rischio” tra i due biglietti
L’addetta al check-in (non dipendente di LH), peraltro molto disponibile, ci ha detto che l’unico modo per raggiungere LA in serata sarebbe stato con United via Newark in Economy. Noi, però, avevamo prenotato in Premium Economy e abbiamo chiesto di essere riprotetti nella stessa classe di viaggio o con un eventuale upgrade.
Zero alternative
Dopo oltre venti minuti di attesa ci è stato risposto che quel giorno non c’erano posti su alcun volo del Gruppo Lufthansa per Los Angeles in Premium Economy e che l’unica possibilità sarebbe stata quella di volare su Chicago e proseguire poi la mattina successiva per Los Angeles con United Airlines. A quel punto, ho chiesto di parlare con la capo scalo di Lufthansa, che mi è stata passata al telefono trovandosi non a Malpensa ma a Linate. La quale mi ha spiegato che la politica aziendale non consente upgrade di classe nell’ipotesi di riproteggere un passeggero (cosa che in passato, invece, Air France e British mi avevano consentito di fare) per una coincidenza sfumata.
Sconsolati, abbiamo accettato di andare a Chicago (LH432). Alla fine, il volo per Francoforte è partito con ben tre ore di ritardo (causa sostituzione del velivolo per un guasto a quello schedulato), ma arrivati all’hub tedesco siamo comunque riusciti a imbarcarci per gli Stati Uniti.
Il volo transatlantico è filato liscio: la Premium Economy di Lufthansa è un prodotto non eccezionale ma solido, sia in termini di spazio personale sia di cibo, bevande e amenities. Atterrati a Chicago ci siamo rivolti, assieme ad altri passeggeri che erano stati ‘dirottati’ lì, ai banchi transiti di United Airlines, dove siamo stati messi sul volo in partenza la mattina successiva per Los Angeles alle 10.50 e arrivo previsto alle 12.30. Insomma, con un buon margine per imbarcarci sul volo American (preso con gli Avios Executive Club) per Maui.
Dopo il danno la beffa
La notte l’abbiamo trascorsa, a spese di Lufthansa, in un Marriott vicino all’aeroporto di O’Hare e il mattino successivo alle 9 ci siamo presentati al Terminal di United. Dove, con rinnovato orrore, abbiamo scoperto che sia il volo delle 10.50, sia quello successivo, erano stati cancellati. Prima partenza disponibile alle 13.55. Cioè troppo tardi per essere a LA in tempo per il volo per le Hawaii.
Biglietto premio cambiato al volo
Nell’attesa ci siamo recati al Terminal di American, per chiedere se ci fosse la possibilità di spostare il volo di quel pomeriggio per Maui al giorno successivo. L’efficientissima addetta alle customer relations ha armeggiato per una decina di minuti al terminale e ci ha ‘trasferito’ sul volo del giorno successivo. I posti che avevamo scelto sull’A321neo di American per Maui, insieme ai 75 euro spesi per bloccarli, sono andati a farsi benedire, ovviamente.
La stessa addetta di American (da United nessuno ce lo aveva detto) ci ha suggerito di chiedere a United una ‘letter of delay’, grazie alla quale avremmo potuto ottenere una notte gratis in hotel a Los Angeles.
Intorno alle 14, sfiniti, amareggiati (per il giorno di vacanza perso in un paradiso come le Hawaii, non, con tutto il rispetto, a Riccione) e con la ‘letter of delay’ in tasca, siamo finalmente decollati per Los Angeles: aereo nuovo di pacca (Boeing 737MAX), posti Economy Comfort con drink e IFE compresi, nulla da dire.
Tre ore e mezza dopo, quando mancavano pochi minuti alle 17, abbiamo ritirato i nostri bagagli al terminal United del Los Angeles International Airport, ci siamo trasferiti a quello attiguo di American dove abbiamo avuto conferma della nostra ‘presenza’ sul volo del giorno successivo alle 17 per Maui. Quindi, abbiamo fatto ritorno al Terminal di United dove, presentando la ‘letter of delay’, la caposcalo non ha battuto ciglio e ci ha prenotato una stanza con colazione allo Sheraton LAX.
Disagi e cancellazioni a catena
Magra consolazione, visto che la stanza che avevamo prenotato per la notte precedente al Fairfield Inn and Suites (260 euro) era andata persa (mentre eravamo riusciti in extremis a cancellare la prenotazione al Courtyard by Marriott presa coi punti Bonvoy a Kahului, dove si trova l’aeroporto di Maui, e a spostare di un giorno l’inizio del noleggio dell’auto sull’isola- ovviamente tutta fatica e stress in più).
End of the journey
L’odissea si è conclusa quando intorno alle 19.30 del terzo giorno di viaggio siamo scesi dall’A321neo di American e abbiamo ritirato i bagagli a Maui. La nostra vacanza è potuta iniziare (con 24 ore di ritardo), dopo il viaggio più faticoso e stressante che io abbia mai fatto in vita mia, e che non auguro a nessuno. Mia fortuna che sono un frequent flyer e un appassionato di aviazione, e che di fronte a situazioni impreviste e imprevedibili sapevo come muovermi, cosa chiedere e a chi per far sì che il viaggio proseguisse e che, in un modo o nell’altro, si arrivasse a destinazione contenendo i danni.
Danni causati da Lufthansa e dall’assurdo diktat che ci ha impedito di essere riprotetti nel nostro migliore e primo interesse di clienti, che era quello di arrivare (ma non a condizioni di viaggio inferiori a quelle prenotate e pagate con mesi di anticipo) a destinazione in tempo utile. A costo di farci volare in Business.
Così i costi (soldi, fatica e stress in quella che dovrebbe essere, invece, una vacanza) li abbiamo pagati noi. Ora, i tedeschi sapranno anche far quadrare i conti…, ma quanto a servizio clienti fanno a dir poco pena.
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