Quasi 400 persone evacuate dall’A350 in fiamme in 90 secondi. Perchè quello di Haneda non è un miracolo
Nell’agosto 1985 il motore di un Boeing 737 della British Airtours (la compagnia leisure di British Airways in quegli anni) […]
Nell’agosto 1985 il motore di un Boeing 737 della British Airtours (la compagnia leisure di British Airways in quegli anni) prese fuoco durante la corsa di decollo. I piloti riuscirono ad arrestare l’aereo, consentendo l’avvio delle procedure di evacuazione. Ma delle 137 persone a bordo, 55 persero la vita e altre 16 rimasero gravemente ustionate.
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Quasi 40 anni dopo, un Airbus A350-900 della Japan Airlines è andato completamente distrutto dalle fiamme dopo aver urtato un altro velivolo durante l’atterraggio all’aeroporto di Tokyo Haneda. Ciononostante, nessuno dei 367 passeggeri a bordo è rimasto ucciso o anche solo ferito.
Nell’esito così diverso dei due incidenti c’è tutto il progresso compiuto dall’industria del trasporto aereo in termini di addestramento degli equipaggi, di configurazione interna degli aeroplani e di materiali usati a bordo degli aerei di oggi.
E dire che le condizioni perché ad Haneda si producesse una delle più gravi tragedie della storia dell’aviazione commerciale c’erano tutte: l’urto con un altro aereo, l’A350 che tocca terra trasformato in una palla di fuoco, il carico di passeggeri vicino alla massima capacità (367 su 369 posti disponibili) e solo tre uscite di emergenza disponibili per l’evacuazione con gli scivoli di salvataggio, dato che le altre non hanno potuto essere utilizzate perché già interessate dalle fiamme.
Ciononostante, lunedì sera l’equipaggio giapponese è riuscito a far uscire tutti sani e salvi da quella trappola di fuoco in 90 secondi. Come si spiega? Innanzitutto con l’addestramento e il sangue freddo di hostess e steward, che hanno impartito al momento giusto le giuste indicazioni ai passeggeri, mantenendo la calma a bordo (i filmati di alcuni passeggeri mostrano come sull’A350 non ci sia stata alcuna scena di panico, nonostante dai finestrini si vedessero le fiamme).
Fondamentale è il progresso che è stato realizzato in termini di materiali usati per gli interni degli aerei: dalle paratie alle cappelliere fino ai rivestimenti dei sedili, oggi tutto è non solo ignifugo, ma realizzato anche per non produrre fumi, in particolare fumi tossici. Sempre i video fatti con gli smartphone dai passeggeri mostrano che in cabina la visibilità era buona, il che ha evitato che i passeggeri perdessero i sensi per fumi tossici (com’era successo a Manchester nell’85) e gli ha consentito di seguire in modo preciso le indicazioni degli assistenti di volo.
Infine, quanto accaduto lunedì a Tokyo prova, al di là dell’esito (positivo) di ogni test eseguito in fase di certificazione dell’aeroplano, che gli interni dell’A350 sono in grado di garantire evacuazioni complesse in situazioni drammatiche, grazie a spazi e vie di fuga progettati proprio per il peggiore degli scenari.
Detto del ‘miracolo di Haneda’, resta da chiedersi (e l’investigazione a riguardo è già partita), perchè l’A350 di Japan Airlines e il Dash-8 della Guardia costiera giapponese (sul quale hanno perso la vita 5 persone) si trovassero allo stesso momento sulla stessa pista.