Perchè i motori ‘accelerano’ dopo l’atterraggio? Cosa sono e come funzionano gli inversori di spinta
In inglese si indica con il termine di ‘thrust reverse’. In Italiano inversione di spinta. E’ quella che viene applicata […]
In inglese si indica con il termine di ‘thrust reverse’. In Italiano inversione di spinta. E’ quella che viene applicata ai propulsori dei jet (ma esiste anche sui turboelica) subito dopo l’atterraggio, per ridurre la distanza di arresto del velivolo, allo stesso tempo ‘alleggerendo’ il lavoro dei freni.
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I velivoli passeggeri toccano il suolo a una velocità che dipende dalla loro massa, ma che indicativamente sta tra i 250 e i 300kmh. E l’azione frenante è correlata in modo inverso alla lunghezza della pista. L’aereo decelera grazie agli aerofreni, che sugli aerei tecnologicamente avanzati di oggi si ‘alzano’ dalle ali automaticamente appena i carrelli posteriori toccano la pista, ai freni e, appunto, agli inversori di spinta.
Questi ultimi, negli anni, hanno assunto le forme più diverse. Quando c’erano in giro ancora velivoli coi motori posizionati nella parte posteriore della fusoliera, avevano la forma di due valve di una conchiglia che si chiudevano nella parte posteriore del motore, deviando il flusso del propulsore in avanti. Oggi questo sistema è adottato ancora dai Boeing 717 in uso ad esempio con Delta e ad Hawaiian Airlines. Ma è stato a bordo di jet diffusissimi negli anni ’70, ’80 e ’90 del secolo scorso, come i Douglas Dc-9, i Fokker 70 e -100 e i McDonnell Douglas MD-80.
Sugli aerei che hanno i motori appesi sotto le ali, gli inversori di spinta sono invece di due tipi: quelli, per così dire, a forma di corolla di petali (come nel caso di alcune motorizzazioni degli Airbus A320, A330 e A340).
E quelli che consistono semplicemente in una sezione cilindrica della gondola del motore che viene traslata all’indietro e che ha al suo interno tante ‘cellette’ che deviano la spinta dei propulsori in avanti.
Affinché gli inversori di spinta siano efficaci non basta che il pilota li attivi, ma deve anche aumentare la potenza dei motori perché il flusso dei gas emesso in direzione opposta rispetto a quella del moto dell’aereo sia efficace. Per questo, pochi istanti dopo l’atterraggio i motori vengono accelerati (anche se la loro massima retro-spinta è pari a circa la metà di quella in avanti).
Negli ultimi anni, i freni sono diventati sempre più performanti, consentendo un uso meno ‘intensivo’ degli inversori di spinta. Per questo, sugli Airbus A320, sui Boeing 737 di ultima generazione e anche su tutti i nuovi modelli a lungo raggio, l’inversione di spinta (anche per motivi di consumo di carburante) viene impiegata con parsimonia, salvo che la lunghezza della pista consigli di fare altrimenti.
Ben diversi erano gli atterraggi di aerei più vecchi come i DC-9 e gli MD-80, che gli appassionati ricordano con commozione e nostalgia, che esplodevano in un vero e proprio boato di retrospinta appena posati a terra i carrelli. Altri (bei) tempi…