Da Parigi a Los Angeles in Premium Economy con la low-cost Frenchbee: va bene lo champagne, ma la poltrona…
Milano non ha voli non-stop per Los Angeles. Ce li ha avuti per una decina d’anni tra il 1998 e […]
Milano non ha voli non-stop per Los Angeles. Ce li ha avuti per una decina d’anni tra il 1998 e il 2008, quando Malpensa era l’hub principale di Alitalia, che volava nella Città degli Angeli con l’MD-11. Oggi, se si vuole volare nella mecca del cinema dal Nord italia, tocca fare scalo. O a Roma Fiumicino o in una tra Madrid, Parigi, Dublino, Londra, Amsterdam, Zurigo, Vienna, Monaco, Francoforte, Copenaghen o Helsinki. Oppure volare sulla costa est americana con American, Delta, United o Air Canada e di lì proseguire verso LA.
Dans cet article :
- Spécifications
- Avion :
- A350
- Classe :
- Prime
- Traiter :
- ORY - LAX
- Prix :
- 700€
- Livre
Tra queste, la scelta di Parigi evoca subito Air France, che a LAX vola due volte al giorno dal suo hub di Charles De Gaulle. O, anche, Norse, che da CDG ci vola fino a fine ottobre tre volte alla settimana. Ma da Orly, l’aeroporto più vecchio della capitale francese (nonché l’unico, prima che CDG venisse aperto nei primissimi anni Settanta), c’è un’altra compagnia che vola verso il Los Angeles International Airport.
Il s'agit de Frenchbee ed è una delle pochissime low-cost di lungo raggio che collegano l’Europa con gli Stati Uniti. Nata nel 2016 per iniziativa dello stesso gruppo che è proprietario anche di Air Caraibes, ha una flotta costituita da due Airbus A350-1000 e 4 A350-900 configurati in due classi di servizio: Economy e Premium Economy.
Le billet
Alla ricerca di un volo economico ma che offrisse un discreto comfort di bordo per una trasferta a LA di appena tre giorni, tra Norse e Frenchbee non ho potuto che scegliere quest’ultima perché, nella giornata in cui avrei dovuto volare, la Premium Economy della low-cost norvegese era sold-out.
Ed eccolo lì, il ‘mio’ volo: partenza da Orly alle 14.50, una tariffa di sola andata in Premium Economy appena sotto i 700 euro (a meno di una settimana dalla data di partenza) e un ultimo posto finestrino (l’unico in cui io ammetta di poter viaggiare) ancora disponibile.
Pronti via, ho prenotato con la tariffa Smart, che consente di imbarcare fino a due bagagli in stiva (e di portarsene uno in cabina, oltre a una borsa o a uno zaino) e dà diritto ad accedere a banchi dedicati al check-in, al fast track per i controlli di sicurezza e all’imbarco prioritario, oltre a due pasti, bevande (champagne incluso) e inflight entertainment. Il wifi è disponibile a pagamento e, come si può leggere sul sito web i pacchetti costano da 4 a 29 dollari (con quest’ultimo si ha una dotazione di 250GB).
Linate-Orly con easyJet (in ritardo, ca va sans dire)
Problema: raggiungere Orly da Milano. Risolto con easyJet, che ha un volo tutti i giorni da Linate che decolla alle 10.35 e atterra a Orly alle 12.10, lasciando tempo in abbondanza per il cambio di terminal (dall’1 al 4) nello scalo parigino. O, almeno, così pensavo.
Perché, dopo aver raggiunto il city airport milanese con l’efficientissima metropolitana M4 e saltato la coda ai controlli di sicurezzagrazie alla mia American Express Platinum, una volta a bordo dalla cabina di pilotaggio è giunta la solita, nefasta comunicazione che precede gran parte dei voli della low-cost britannica: délai. Di 20 minuti (poi diventati 45). E così, quello che doveva essere un agevole scalo a Orly è diventato una corsa contro il tempo per arrivare in tempo al check-in.
Avendo, infatti, il ritorno da Los Angeles con un’altra compagnia (Norse), il sito web di Frenchbee non mi ha consentito di fare il check-in online, obbligandomi a quello ‘in loco’. Che, secondo le regole della low-cost francese, chiude la bellezza di 90 minuti prima dell’orario di decollo.
À l'aéroport
Arrivato a Orly alle 12.40, mi restavano 40 minuti per muovermi in un aeroporto dove ero stato appena un paio di volte (e molti anni fa), dovendo per giunta cambiare terminal. Appena sbarcato, un’addetta di Aeroport De Paris mi ha spiegato che avrei dovuto uscire al Terminal 1, salire sul trenino automatico OrlyVal e con quello raggiungere l’area check-in del T4. Per fortuna il ‘trenino’ è in realtà una sorta di Frecciarossa (per l’alta velocità che raggiunge) che collega i due opposti dell’aeroporto in un minuto.
Il T4 è quello da cui partono i voli extra-Schengen: un po’ di Air France verso mete caraibiche e Territori d’Oltremare (come li chiamano i francesi) oltre a quelli delle compagnie del Nord Africa, di Corsair, Air Caraibes e, appunto, Frenchbee.
Il piano-accettazione sembra un souk, ma dopo aver spedito (in tempo, grazie a Dio) il bagaglio e aver ottenuto la sospirata carta d’imbarco, sono salito al piano partenze, che mi è apparso come un’oasi di silenzio e quiete, con tanto di sala relax aperta a tutti e una delle pochissime terrazze d’Europa aperte sul piazzale di posteggio degli aerei.
Nonostante avessi il fast track e avessi scrupolosamente messo tutti i contenitori di liquidi dentro una busta trasparente, i controlli di sicurezza sono stati un inferno (peggiore di quello degli aeroporti inglesi).
L’addetto ha voluto comunque aprirmi lo zaino, tirare fuori tutto, eseguire tre o quattro test antiesplosivi per poi mollarmi con lo zaino tutto da rifare.
A quel punto, se anche Frenchbee offrisse l’accesso gratuito alla lounge ai suoi passeggeri di Premium Economy (cosa che fanno, peraltro, solo pochissime compagnie al mondo), non avrei avuto il tempo di accedervi.
Embarquement
Così, dopo l’orrenda esperienza della security (viva l’Italia) e passato per fortuna indenne dall’immigration (c’era talmente tanto caso ai controlli che lì era deserto) ho percorso a testa bassa e passo deciso l’interminabile T4 (con people mover fermi, vive la france) e sono finalmente giunto al mio gate, F26, dove era parcheggiato uno dei 4 A350-900 di Frenchbee.
Qui, devo ammettere, mi sono goduto le prime due cose belle della mia lunga giornata: non solo, infatti, i passeggeri di Premium Blue disponevano di una fila dedicata per il controllo del passaporto e della carta di imbarco. Mais avevano anche un finger dedicato, cosa che talvolta è assente anche quando si viaggia in Business Class.
À bord
Da buon ultimo, ho percorso il tunnel deserto fino alla porta più anteriore dell’aeromobile, alla cui destra si apriva la cabina di Premium Blue, composta da cinque file di sedili in configurazione 2-3-2.
Mine 8A (la conta delle file iniziava, inspiegabilmente, dalla 5) era uno dei soli 4 sedili ancora liberi (gli altri lo sono rimasti anche in seguito).
‘Istruito’ dal Barbone Matteo Rainisio, la prima cosa che ho notato è stata che sia la coperta sia il cuscino erano incredibilmente avvolti entrambi in una pellicola protettiva. Che a Parigi abbiano visto qualche video del canale di YouTube di The Flight Club?
La seconda è che, per essere una Premium Economy di pungo raggio, lo spazio per le gambe non era poi molto: 36 pollici appena, contro i 38-40 normalmente offerti in questa classe di servizio. Insomma, una Economy molto spaziosa, la si potrebbe definire.
Al punto che, quando il passeggero davanti a me, a un certo punto del volo, ha reclinato al massimo il suo sedile, complice anche la consolle che separava il mio sedile da quello del vicino, ho dovuto letteralmente fare le evoluzioni per potermi recare alla toilette.
Una volta seduto, la hostess è passata a chiedermi cosa desiderassi come drink di benvenuto e, da brava francese, è tornata un minuto dopo con un bicchiere di champagne (già versato) in un bicchiere a calice di vetro. Roba da Business Class (anche se la bottiglia non l’ho vista).
Le siège
Ispezionando il sedile ho notato il poggiatesta regolabile in altezza e con le ‘alette’ laterali per tenere ferma la testa quando si dorme, lo schermo dell’IFE di generose dimensioni (12 pollici), il poggiapiedi estraibile da sotto il sedile anteriore, una presa USB accanto allo schermo, una presa universale sul lato anteriore della consolle che mi separava dal mio vicino, un telecomando coi controlli dell’IFE e il pulsante per chiamare gli assistenti di volo, un reggi-bicchieri sul bracciolo di destra e il tavolino estraibile dal bracciolo stesso.
Accanto al bracciolo di sinistra, uno spazio di una quindicina di cm separava il sedile dalla parete della cabina e dal finestrino, incrementando la sensazione di spazio personale, almeno in orizzontale.
Il menù del bar di bordo e le istruzioni in caso di emergenza (entrambi in pessime condizioni) erano in una brutta retina di plastica grigia che faceva proprio low-cost.
Le service
Dopo il decollo, gli assistenti di volo (tre per la cabina Premium) hanno distribuito a piccolo ma molto colorato vanity kit, una bottiglietta d’acqua e una salviettina calda (tiepida, per la verità). Ho ispezionato il piccolo ma colorato beauty case, scoprendovi all’interno le cuffiette per l’audio dell’IFE, un paio di calzini, tappi di gommapiuma, una bella mascherina per gli occhi e un kit con dentifricio e spazzolino. Insomma, tutto l’essenziale.
Alimentation et boissons
Il pranzo è stato servito un’ora dopo la partenza su un vassoio di plastica ricoperto da un tovagliolo di carta e con posate di metallo.
Le choix della portata principale (che io avevo già visto dando una sbirciata ai contenuti dell’IFE) era tra bocconcini di pollo in una salsa alla cannella accompagnati da purè di patate al latte di cocco e una generica ‘pasta al pomodoro’. Sul mio lato della cabina, tutti tranne uno hanno ordinato il pollo, me compreso. La presentazione del pasto era a livello di Economy, fatta eccezione per le posate di acciaio e il bicchiere di vetro, visto che tutte le ciotoline del cibo erano in plastica e il tovagliolo di carta.
Cependant, il cibo si è lasciato mangiare (incredibilmente, trovandomi su un aereo francese non c’era aglio, che io odio, in nessun piatto). Dallo sformatino di baccalà con salsa ai peperoni dolci al pollo e purè fino al piattino di formaggi con fico candito. Tutto ok tranne il dolce, che aveva la consistenza di un burrosissimo muffin molliccio con fichi canditi. La scelta delle bevande comprendeva soft drinks, birra, champagne (non sono riuscito a scorgerne l’etichetta) e due vini fermi: un borgogna rosso (la mia scelta) e uno Chardonnay ‘bio’. A chiudere, altro carrello con caffè, tè e digestivi.
Aujourd'hui, confesso che su Austrian e Lufthansa, in Premium Economy avevo mangiato meglio e con un impiattamento decisamente di altro livello… ma mangiare con gusto (quasi) tutto quando non si siede in Business Class è già tanta roba.
IFE
Sorpassate le due ore di volo e liberato il tavolino dal vassoio, ho esplorato l’IFE: c’erano tre view cam (anteriore, coda, sotto), e una versione abbastanza basic di moving maps che noi appassionati di aviazione tanto amiamo. Sul fronte cinema, c’erano 55 film, con una nota negativa (almeno la metà erano francesi) e una positiva (tutti erano sottotitolati in inglese). Pochissima roba sul fronte serie tv, 21 album dal gospel al jazz, al rock all’elettronica e i soliti giochi.
Due contenuti sicuramente apprezzabili: il menù (aggiornato) dei pasti in partenza da Parigi e da tutte le città servite da Frenchbee, e quello (con i prezzi) del Blue Cafè, con drinks, snack e sandwich a pagamento.
Alla fine ho ceduto a uno degli ‘enne’ film francesi, ‘consolandomi’ poi con ‘Una notte da leoni 2’ (già visto, ma si fa stra-rivedere).
Snack pre-arrivo
A quattro ore dal Los Angeles International, mentre sorvolavamo il Canada nord-orientale l’equipaggio è passato in cabina per lo snack che di solito viene servito un’ora, un’ora e mezza prima dell’atterraggio.
Ma tant’è: sul solito vassoio di plastica coperto da un tovagliolo di carta c’erano stavolta un panino incellofanato imbottito (si fa per dire) con una misteriosa ‘salsa al pomodoro e nient’altro (scartato), un maxi-vasetto di yogurt all’albicocca (qualche cucchiaiata) e un mini-biscotto al cioccolato (magra consolazione). Il tutto accompagnato da bevande calde o fredde a scelta. Insomma, dopo il discreto pranzo consumato qualche ora prima, mi aspettavo di più. Ma tant’è, in fin dei conti si tratta pur sempre di una low-cost.
Le restanti tre ore e mezzo di volo sono state (come sempre quando non si viaggia in Business o anche meglio) le più ‘strazianti’: natiche indolenzite, schiena dolorante e quell’impazienza di scendere e sgranchirsi le gambe. Alcuni panorami dei Grandi Laghi e delle Montagne Rocciose sono stati di conforto.
Mais quando, poco dopo le 16.30 ora della costa ovest, dal cockpit è arrivato l’annuncio che avevamo iniziato la discesa verso LA, ho esultato come faccio in Economy sui voli a lungo raggio.
Conclusion
La parte ‘soft’ del prodotto (priorità al check-in, ai controlli di sicurezza e all’imbarco con finger dedicato, cortesia e tempestività del servizio, cibo e bevande, contenuti dell’IFE e wifi di bordo) è stata all’altezza delle aspettative (e del prezzo pagato). Il sedile e lo spazio personale, con quei miseri 36 pollici di legroom, assolutamente no.