L’ala rotta, la ruota staccata, il carrello spezzato: venti giorni horror, cosa sta succedendo a United Airlines?
Pezzi dell’ala che si staccano in volo. Una ruota del carrello posteriore persa subito dopo il decollo. Fiamme dal motore […]
Pezzi dell’ala che si staccano in volo. Una ruota del carrello posteriore persa subito dopo il decollo. Fiamme dal motore sinistro, ancora subito dopo il decollo. E un carrello posteriore che ha ceduto, questa volta subito dopo l’atterraggio, causando l’uscita di pista dell’aereo.
In questo articolo:
I venti giorni trascorsi dallo scorso 20 febbraio sono stati tra i più neri della recente storia di United Airlines, che per ben quattro volte è finita sui media di mezzo mondo per incidenti allo stesso tempo molto gravi e imbarazzanti per l’immagine della compagnia, che solo la fortuna ha voluto non provocassero feriti o morti.
La sequenza horror è iniziata, appunto, il 20 febbraio scorso quando, nel corso di un volo transcontinentale tra San Francisco e Boston, l’equipaggio ha riportato uno ‘slat issue’ sull’ala destra, un problema agli slat, che sono quegli ‘alettoni’ che in fase di decollo e atterraggio vengono aperti in avanti per aumentare la portanza degli aerei alle basse velocità.
Lo ‘issue’ consisteva nel fatto che una bella porzione dello slat più interno si era staccata. Come ‘corrosa’, e volata via. L’equipaggio ha preferito interrompere il volo, effettuando un atterraggio d’emergenza a Denver.
Giovedì 7 marzo, un Boeing 777-200ER appena decollato da San Francisco per Osaka con 235 passeggeri a bordo, ha letteralmente perso una ruota del carrello posteriore sinistro pochi secondi dopo essersi staccato dal suolo. L’incidente è stato casualmente ripreso da un passante con il cellulare ed è finito, oltre che sui social, anche su tutte le tv americane.
La ruota, del peso di alcuni quintali, è finita in uno dei parcheggi auto dei dipendenti aeroportuali, distruggendo una vettura e danneggiandone altre due. Fortunatamente, non ci sono stati feriti. Il B777 è stato ‘dirottato’ sul Los Angeles International, dove ha effettuato un atterraggio d’emergenza senza conseguenze.
Venerdì 8 marzo è stato il giorno più nero di tutti: sui social, e poi sulle tv americane, sono andate in onda le immagini, riprese da alcuni passeggeri, delle fiamme sprigionate dal motore sinistro di un Boeing 737 appena decollato da Houston e diretto a Fort Myers, in Florida. Il velivolo ha fatto dietro-front ed è atterrato pochi minuti dopo a Houston.
Infine, nella stessa giornata e sempre a Houston, un Boeing 737 MAX 8 è finito fuori pista in un prato dopo che il carrello posteriore sinistro ha ceduto subito dopo l’atterraggio al termine di un volo proveniente da Memphis. Anche in questo caso, forse il più grave di tutti, non ci sono state conseguenze per i passeggeri e l’equipaggio, che hanno lasciato l’aereo seguendo le procedure d’emergenza.
Una domanda è lecita: cosa succede a United Airlines? Essendo tutti i velivoli coinvolti dei Boeing, molti media americani ne hanno approfittato per gettare ancora una volta la croce addosso al costruttore americano, che dal grounding dei MAX di cinque anni fa è sotto accusa per una serie di gravi incidenti (l’ultimo quello del portellone staccatosi su un MAX 9 di Alaska Airlines appena decollato da Portland).
Ma, in verità, Boeing c’entra poco con i più recenti incidenti occorsi a United, che paiono assai più legati a questioni di manutenzione: che colpa ha Boeing, se un jet vecchio di oltre 22 anni perde una ruota dopo il decollo? O se un altro vecchio di addirittura quasi 30 anni perde un pezzo dell’ala in volo?
Evidentemente, due sono i fattori in gioco in questi casi, e nessuno ha a che fare con Boeing: l’età avanzata degli aeroplani e la manutenzione, che su aerei vecchi diventa sempre più impegnativa e costosa.
Complici anche i ritardi nelle consegne di aeroplani nuovi e una generale tendenza a tenere in servizio i propri velivoli per periodi più prolungati di quanto facciano e abbiano sempre fatto le compagnie europee, i maggiori vettori americani, American Airlines, United Airlines e Delta Airlines, si trovano ad avere in servizio aerei veramente vecchi. D’altronde hanno flotte enormi, che sfiorano il migliaio di aeroplani, rinnovare le quali significa tempi lunghi e miliardi di dollari.
Così, ad esempio, United si trova ad avere in servizio 61 Boeing 757 la cui età media supera i 25 anni; quella dei 767, che volano anche in Italia, supera addirittura i 26 anni; ma anche aerei più ‘moderni’ come gli A320 che ha in flotta, hanno più di 25 anni, in media, mentre i B777 sono appena sopra i 20 anni (ma con gli esemplari più vecchi che sfiorano i 30 anni di servizio).
American, che ha ritirato dal servizio tutti i Boeing 767 e Boeing 757, sta messa meglio, anche se i suoi B777 sfiorano i 20 anni di età media e gli A320 superano i 23 anni.
Delta, invece, sta messa come se non peggio di United, visto che l’età media dei suoi 65 Boeing 767 e dei suoi 126 Boeing 757 supera i 26 anni e i suoi 61 A320 sono in servizio, in media, da addirittura oltre 28 anni.
Questi sono dati degni di compagnie aeree del terzo mondo, come alcune africane o di Paesi come l’Afghanistan, l’Iran e altri posti tribolati del pianeta. Certo, c’è chi dice che con una manutenzione efficiente un jet può volare in tutta sicurezza anche per 50 anni. Poi, però, succedono cose come quelle che abbiamo visto negli ultimi 20 giorni in casa United…