Perché c’è un Napoli-New York di Delta, ma non ce ne sarà mai uno di ITA Airways
La scorsa settimana il vettore americano Delta Airlines ha annunciato l’avvio di collegamenti tra Napoli Capodichino e New York JFK […]
La scorsa settimana il vettore americano Delta Airlines ha annunciato l’avvio di collegamenti tra Napoli Capodichino e New York JFK per la stagione estiva 2024, così come il potenziamento del Venezia-JFK da sette a dieci frequenze settimanale. Anche United Airlines, nell’estate che va terminando collega, oltre che Napoli, anche Palermo a Newark. Fuori dagli Usa, ci sono voli Emirates, oltre che per Roma e Milano, anche per Bologna e Venezia.
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Ma, allora, uno potrebbe chiedersi: se Delta vola tra Venezia e New York e United tra Napoli e Newark, perché ITA Airways non apre un collegamento Venezia-New York o un Palermo-New York? O, ancora, un Venezia-Dubai? Perché, economicamente e operativamente, sarebbe dannoso.
Modello hub and spoke
Il sistema dei collegamenti aerei a livello globale si è infatti strutturato sul modello di ‘hub and spoke’ (centro e raggi), adottato per la prima volta dalle compagnie aeree americane dal 1978, quando venne introdotta la deregulation del trasporto aereo negli USA. Ossia, il libero mercato in termini di rotte operate dalle compagnie e di prezzi.
Il modello si è esteso negli anni Ottanta a tutto il mondo e oggi, per limitarci all’Europa, ogni compagnia ‘nazionale’ ha un unico hub: Ita Airways (come Alitalia prima) a Roma, Air France a Parigi, British Airways a Londra, KLM ad Amsterdam, Austrian Airlines a Vienna, solo per citare alcuni esempi. E ad oggi, l’unica compagnia full-service ad avere due hub all’interno dello stesso Paese è Lufthansa, a Francoforte e Monaco.
Concentrare il fulcro delle proprie attività in un unico aeroporto permette una più razionale gestione delle risorse umane e delle operazioni tecniche, a partire dalla manutenzione. E consente di convogliare flussi di traffico da mercati medio-piccoli (europei o domestici) verso l’hub, per poi rispedirli verso altri mercati medio-piccoli, garantendo l’ottimizzazione dei fattori di riempimento degli aeroplani che operano quei collegamenti.
Il flusso dai mercati medio-piccoli può anche essere convogliato sul lungo raggio, verso destinazioni lontane (anche qui garantendo traffico alle rotte verso queste destinazioni). Il sistema funziona ovviamente anche in senso inverso (dal lungo raggio al breve/medio raggio).
Situazione in Italia
In Italia, l’unica eccezione a questo sistema, per quanto riguarda i collegamenti di lungo raggio, è rappresentata dal volo ITA tra Milano Malpensa e New York JFK, che funziona perché Milano è una metropoli in grado di garantire nel corso di tutto l’anno un mix di traffico (business e turistico).
Il Venezia-New York, invece, senza un feederaggio adeguato da altre città, funzionerebbe solo per qualche settimana tra luglio e agosto. E posizionare un A330 o un A350 al Marco Polo comporterebbe la capacità di poter fare manutenzione ‘ordinaria’ per quel tipo di velivoli nello scalo veneto e di basare degli equipaggi lì, o in alternativa farli ‘pendolare’ da Fiumicino (operazioni entrambe economicamente costose e operativamente poco convenienti).
D’altra parte, lo stesso fanno negli USA Delta e United. Che volano sì a Venezia, a Napoli, a Palermo, ma lo fanno sempre e comunque dai loro hub (le maggiori compagnie americane ne hanno più di uno), dove convogliano il traffico in arrivo da tante altre città e cittadine del Paese (e in direzione inversa, vi ridistribuiscono quello in arrivo coi loro voli di lungo raggio).
Così, possiamo trovarci davanti a un New York-Venezia di Delta o a un Newark-Napoli di United. E in futuro, chissà, a un Chicago-Pisa di United o a un Atlanta-Bologna di Delta. Perché Chicago e Atlanta sono due altri hub di United e Delta, rispettivamente. Ma non ci troveremo mai con un Cleveland-Roma di Delta o un Pittsburgh-Roma di United. E nemmeno un Cleveland-Londra o un Pittsburgh-Londra di una di quelle compagnie, mentre invece quelle due stesse città americane sono collegate non-stop con Londra da British Airways, che nella capitale inglese ha il suo hub.
Le low-cost non hanno hub
Lo schema in questione non si applica, in modo così integrale, alle compagnie low-cost. Le varie Ryanair, easyjet, Vueling e via dicendo hanno sì delle ‘basi operative’ (Dublino o Bergamo Orio al Serio per citarne due di Ryanair o Londra Gatwick e Milano Malpensa per fare altrettanto relativamente a easyjet), ma hanno fatto dei collegamenti cosiddetti point-to-point il loro cavallo di battaglia nella sfida eterna con i vettori full service. Così, ad esempio, Ryanair vola tra Trapani e Marsiglia e tra Bari e Torino, nonostante nessuna di queste città sia una ‘base operativa’, e easyjet fa lo stesso quando collega Tolosa con Lisbona o Roma Fiumicino con Basilea. Perchè le low-cost lo fanno? Perché hanno costi operativi enormemente inferiori ai vettori full-service, una maggiore flessibilità operativa
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