Saltano i vertici di Boeing: la maledizione del 737 MAX colpisce ancora
L’uomo del cambiamento, il ceo della riscossa di Boeing è rimasto intrappolato nell’affaire 737 MAX. Poche ore fa, infatti, la […]

L’uomo del cambiamento, il ceo della riscossa di Boeing è rimasto intrappolato nell’affaire 737 MAX. Poche ore fa, infatti, la casa costruttrice Usa ha annunciato che l’amministratore delegato Dave Calhoun si dimetterà lasciando il suo incarico a fine anno.
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Non ci sarebbe niente di strano – in una multinazionale di tale livello gli avvicendamenti ai ruoli apicali sono una costante – se non fosse che Calhoun era stato scelto per imprimere uno scossone all’immagine di Boeing dopo i due disastri Lion Air e Etiophian Airlines che hanno interessato i 737 Max nel 2019.
E se la stessa Boeing non venisse da un inizio anno horribilis in cui i problemi tecnici, le falle, e le revisioni (che hanno sempre interessato i 737 Max) sono stati all’ordine del giorno.
Il terremoto in casa Boeing
Infine l’annuncio è ancora più eclatante nel momento in cui il comunicato stampa ufficiale delle dimissioni di Dave Calhoun dichiara, inoltre, che il presidente del consiglio di amministrazione di Boeing, Larry Kellner, non si ricandiderà e che Stan Deal, ceo di Boeing Commercial Airplanes (la divisione che si occupa proprio degli aeromobili per l’aviazione commerciale) lascia l’azienda con effetto immediato.
Un vero e proprio terremoto che azzera i vertici della più importante società (assieme ad Airbus) società che costruisce gli aerei su cui voliamo ogni giorno.
Gli uomini del cambio di rotta, sono stati infine rottamati. Con la scelta di Calhoun di non proseguire come ceo di Boeing e la concomitante fuoriuscita di Deal, infatti, ora la casa statunitense può inviare un messaggio di cambiamento in uno dei momenti più complessi della sua storia.
Le mosse dopo gli incidenti del 2019
Un déjà-vu per la verità, visto che Calhoun era entrato in carica a marzo del 2020 sostituendo Dennis Muilenburg a un anno esatto dagli incidenti dei 737Max in Etiopia e Indonesia che avevano provocato oltre 300 morti e molti dubbi sulla sicurezza dei velivoli.
Incidenti che avevano provocato il “grounding” (messa a terra) di tutti i modelli simili di aeromobili, l’obbligo di nuove certificazioni e revisioni e un lungo ritardo nella produzione di uno degli aerei più venduto al mondo.
Calhoun fu chiamato a compiere una duplice missione: ripulire l’immagine di Boeing dopo gli incidenti di Lion Air e Ethiopian da un lato; e ripristinare la fiducia del settore nella qualità, nel design e nei processi di produzione di Boeing; attività indicate come le responsabili degli incidenti.
L’altro grande obiettivo di Calhoun era quello di incarnare un messaggio preciso: Boeing sarebbe tornata a occuparsi molto più di ingegneria e sicurezza, portando in secondo piano gli introiti, le attività finanziarie e i dividendi per gli azionisti.
Il caso Alaska Airlines e i danni alla reputazione
Ma gli ultimi mesi sono stati segnati da una serie di incidenti che hanno messo in difficoltà i vertici dell’azienda. Il più importante di questi è stato quello avvenuto il 5 gennaio scorso a un 737 MAX-9 di Alaska Airlines, che aveva perso il portellone durante il decollo.
L’uso degli aerei di quel modello era stato quindi temporaneamente sospeso in molti paesi e la Federal Aviation Administration aveva aperto un’indagine.
Nel corso delle settimane successive si sono susseguiti ulteriori piccoli incidenti che hanno svelato omissioni e difetti di produzione che Boieng ha risolto con pazienza e costanza. Ma il danno d’immagine era ormai troppo vasto e i ritardi nelle consegne di nuovi aeromobili hanno peggiorato la reputazione della casa costruttrice.
«Come sapete l’incidente sul volo dell’Alaska Airlines è stato un momento spartiacque per Boeing. Dobbiamo continuare a rispondere a questo incidente con umiltà e completa trasparenza. Dobbiamo inoltre inculcare un impegno totale alla sicurezza e alla qualità a ogni livello della società», ha sottolineato proprio Dave Calhoun nella sua lettera di dimissioni indirizzata ai dipendenti.
Un ennesimo cambio di rotta?
Dal 2020 ad oggi, infatti, Boeing non ha mai dato l’impressione di aver effettuato un vero cambio di rotta e non è riuscita nemmeno a presentare un nuovo aeromobile: il 777X è ancora in fase di certificazione così come la versione -10 (la più capiente) del 737MAX; ed entrambi sono comunque nuove versioni di vecchi modelli già presenti sul mercato.
Ancora una volta, quindi, la maledizione del 737 MAX, l’aereo che doveva conquistare il mercato mondiale del corto-medio raggio, si abbatte su Boeing e sui suoi massimi esponenti. Vertici che non sono stati scelti “fuori dal perimetro dell’azienda”, ma che hanno un loro passato e una storia dentro il colosso di Seattle.
Non potevano non sapere, quindi, dei problemi di progettazione del 737 MAX e nemmeno di quelli legati alla catena di approvvigionamento che stanno ritardando le consegne dei nuovi velivoli.
Dovevano essere la soluzione a un problema creato da Muilenburg e dalla precedente gestione, ma innanzitutto non sono riusciti a risolvere le inefficienze aziendali di base di Boeing.
Avanti i prossimi, quindi, con la speranza che i prossimi manager sappiano interpretare il futuro dei voli mettendo in soffitta, una volta per tutte, gli errori del presente e del passato.